Jacopo Ratini: canzoni e psicoterapia fra cambiamento e conoscenza. Ho intervistato Jacopo Ratini un cantautore romano che dopo essersi laureato in psicologia ha deciso di dedicarsi all’arte dello scrivere e del comporre canzoni. Tra Sanremo giovani e tante altre esperienze artistiche è in uscita il suo terzo album.
Il tuo ultimo album si chiama “Disturbi di personalità”. Ci racconti come è nata l’idea del titolo e perché? Le tracce dell’album in che modo rispecchiano il titolo?
Perche questo titolo “Jacopo Ratini: canzoni e psicoterapia fra cambiamento e conoscenza”? Il titolo dell’album è il titolo di una canzone contenuta al suo interno. In linea con la grafica della copertina del disco, c’è una mano e sulle dita alcuni personaggi che rappresentano dei disturbi di personalità, sul pollice c’è una mia caricatura che li guarda un po’ basito.
L’idea è stata riprendere la mia formazione da psicologo ponendo però una lente di ingrandimento sulla realtà e sull’essere umano come analisi di emozioni, sentimenti e relazioni. Con l’uscita del terzo disco infatti, ho capito che il motore della mia scrittura, ovvero quello che mi fa accendere è quello che c’è alla base delle emozioni e dei sentimenti dell’uomo
Come psicologi usiamo le canzoni nel nostro lavoro di cura (un approccio chiamato Songtherapy). Secondo la tua esperienza la musica può avere una funzione terapeutica?
La musica non è che può essere terapeutica, la musica lo è!
È terapeutica in diversi ambiti dell’umano. In primis riesce ad alleggerire l’animo, ti fa staccare la spina, riesce a farti ballare; conosco un ragazzo che è riuscito a superare una sua patologia anche con l’aiuto del freestyle, un tipo di ballo libero.
Credo che la musica è terapeutica tramite l’identificazione che avviene in noi con un cantante o un artista che racconta un suo momento o un episodio particolare, lo stesso episodio che casualmente può essere capitato a noi. Questo ci consola, sviluppa empatia e pienezza, perché io credo che se non facessi l’artista o lo scrittore, sentirei la mia vita come meno brillante e meno piena
Ci sono alcune canzoni che per te sono state terapeutiche?
Si! Ci sono stati, anche quando ero più piccolo, alcuni brani di Mogol e Battisti come Anche per te, e sentendo le storie raccontate spesso mi sono sentito un po’ meno solo nei momenti di malinconia; oppure ogni volta che ascolto E penso a te (magari può capitare di invaghirsi di un’altra persona che non è poi un tradimento quanto piuttosto un’evasione) mi sono sentito anche compreso in certi miei pensieri e momenti.
Una canzone come Costruire di Niccolò Fabi ti dà anche tanta carica
Per me una canzone è terapeutica quando non mi aiuta a guarire, quanto più ad identificarmi; una canzone è terapeutica quando posso confrontarmi con essa e mi posso rispecchiare. Ad esempio Anna e Marco di Lucio Dalla è ancora un’altra traccia nella quale mi identifico.
Quali invece, delle tue canzoni, sono state terapeutiche per qualcun altro?
Sai mi è capitato di andare a suonare a degli eventi importanti come matrimoni, cerimonie o serenate, in cui lo sposo mi ingaggiava perché qualche mia canzone specifica come Su questa panchina o Parlo all’infinitosolitamente andava a stuzzicare un immaginario affettivo ed emotivo.
Ero stato chiamato appositamente per le mie canzoni e per me è stata una cosa bellissima, mi ha gratificato molto.
C’è una canzone come Ogni mio passo che parla del cammino solitario della persona, una ricerca di se stessi nel concentrarsi sulle proprie capacità per farcela da soli: ecco questa traccia spesso arriva “dritta dritta” tanto da stimolare la creatività di altre persone che mi hanno inviato dei video in cui la risuonavano o la reinterpretavano.
Ad esempio in Francia si è diffuso molto un mio brano dal titolo La raccolta differenziata perché molte scuole italiane in Francia, con il Ministero della Cultura e dell’Istruzione francese, mi hanno chiesto di poterla inserire come testo scolastico.
Io stesso, a quella canzone, non gli avevo dato un’importanza pedagogica perché era l’ultima traccia del disco che non avrebbe certo cambiato l’economia di un album; e invece proprio quella traccia è stata scelta da un corpo docenti e inserita in alcuni testi.
Tu sei uno psicologo e un cantautore. Come queste due dimensioni si uniscono nella tua vita quotidiana e nel lavoro che fai ?
La vita e la professione sono diventate un po’ un tutt’uno, è tutto un continuum a parte quando magari ti capita di andare in vacanza. Il filo conduttore fra quello che sono e quello che faccio sta nel fondere le due cose, anche perché quando mi dedico del tempo lo impiego a trovare ispirazione per le mie canzoni.
Il cantautore è come il terapeuta che in qualche modo ridà al paziente qualcosa attraverso le parole e la musica; le canzoni parlano all’ anima di ognuno di noi
Hai mai fatto un percorso di psicoterapia? Ci racconti brevemente la tua esperienza?
Certo, lo faccio tutt’ora. Avevo iniziato durante il percorso di studi e sto continuando. Per me è stato solo un toccasana. Io ho deciso di rientrare in terapia 3 anni fa perché ero più cosciente, consapevole e maturo rispetto quando avevo iniziato per la prima volta.
In seguito a degli avvenimenti importanti e difficili della mia vita, ho deciso che c’erano degli elementi importanti del mio animo e della mia persona che forse erano inesplorati, non mi sentivo completo in certi ambiti e volevo andare ad indagare il perché.
L’ho presa come una crescita personale e continua ad essere cosi per me, andando in terapia scopro delle sfumature di Jacopo che per me sono importanti.
Il tuo modo di scrivere e intendere la musica è cambiato dopo la terapia?
Dopo la terapia il mio modo di scrivere è più analitico e consapevole, ha contribuito in maniera positiva a quello che faccio. Se hai un buon terapeuta, lui ti aiuta ad accendere la luce su certe sfumature che più di tanto non riconosci, ti si aprono dei link importanti.
Purtroppo molti vedono la terapia come una sconfitta, io invece la consiglierei a tutti perché è davvero una possibilità.
In definitiva secondo te la psicoterapia è servita alla tua arte?
Certo, infatti il terzo disco che uscirà va proprio a sviscerare tante dimensioni che sono venute fuori in terapia, che appartengono sempre all’essere umano. Ecco perché la terapia serve alla mia arte. Io sto facendo questo percorso per conoscere meglio me stesso e l’animo umano.
Il tempo della nostra vita è solo quello, alla fine quando uno dice “io voglio essere felice” in realtà tu sei felice solo se ti conosci, solo se sai bene quello che vuoi, se conosci davvero quello che ti sta a cuore e quello che cerchi, ma non solo fantasie, lo devi conoscere realmente.
Quando tutto ciò non lo conosci fai male a te e fai male soprattutto a chi ti sta intorno, perché le scelte che fai sono solo una reazione a qualcosa. Se fai male all’altro vuol dire che in realtà non ti conosci fino in fondo, diversamente non gli faresti così male.
La conoscenza di te la puoi trovare solo in un percorso di psicoterapia.
E per me, il motore del nostro cambiamento siamo noi, parte da noi perché quando ho scritto Il colore delle idee volevo dire proprio questo: tutto parte da te “il colore delle idee e quello dei sogni è nascosto nelle sfumature dei tuoi occhi”. Ce l’hai già dentro!