Asperger e musica: come un batterista vive essendone affetto. MAURO (il batterista nelle foto): “Per 18 anni sono stato sempre considerato strano, io non sapevo manco cosa fosse l’Asperger, sapevo che è un modo di essere particolare e mi dicevo “e vabbè, sono particolare anche io”.
Da piccolo giocavo a calcio mi trovavo sempre un po’ disperso, alla fine mi dovevo impegnare il triplo per giocare di squadra con i compagni. Mi sono detto “e va be’, sono così, c’è qualcuno che mi apprezza e meno male così”.
Dal punto di vista del musicista alla gente non gliene frega nulla se hai l’Asperger o se sei Gesù, fai bene il tuo lavoro? Ok! Non lo fai bene? Ciao! Purtroppo in questo ambiente c’è poca sensibilità sull’argomento”.
Ho intervistato Mauro Cola, batterista talentuoso di soli 23 anni affetto da sindrome di Asperger una particolare forma di autismo; personalmente, come chitarrista, ho avuto la fortuna di suonare più volte con Mauro; la sua storia, fra musica e autismo, mi è sembrata interessante da raccontare.
Come ti sei accorto della difficoltà? Ci racconti quali sono stati i sintomi?
MAURO: Quando mi è venuto il dubbio che io avessi qualcosa che non andava era perché mi fissavo sulle cose; all’inizio è partito tutto per scherzo, mi dicevano: “ma che sei autistico?” “Mauro non mi fissare sei inquietante”, ed in questi casi è facile l’etichetta di “strano” o “non normale”.
Su internet poi, ho trovato l’Aspie Test, ho risposto alle domande ed è risultato 80% neurodiverso.
Lì mi sono detto che forse era meglio approfondire. Sono andato da uno psichiatra e dopo vari test e colloqui mi ha diagnosticato la sindrome Asperger.
Mi aveva poi consigliato di prendere degli psicofarmaci ma non ho voluto, non mi piaceva l’idea che dovessi assumere qualcosa che potesse “farmi bene”, visto che fino a quel momento ero riuscito ad andare avanti senza nulla.
In America spesso si usa una terapia farmacologica legata a situazioni quali autismo o i disturbi legati alla lettura nei bambini,
ti imbottiscono e poi fai la fine di Kurt Cobain che per quanto poteva essere particolare di per sé, sin da adolescente, è stato “abituato” alla cura farmacologica, ma sappiamo bene come è finito.
Suonavi già la batteria quando ti è stato diagnosticata la sindrome di Asperger?
MAURO: Ho cominciato a suonare la batteria a 10 anni e a 18 mi è stato diagnosticato il disturbo, qualche anno fa. Quindi a quanto pare ci ho convissuto molto bene (ride).
La musica ti ha aiutato a combattere quel fenomeno chiamato “esclusione sociale”? Come?
La musica non è qualcosa di solitario, si basa sul contatto fra persone e per andare aventi bisogna sforzarsi di camminare insieme.
Se penso ai live o a una band, non solo ci si deve impegnare a suonare, ma anche a creare un legame con ogni membro del gruppo, sia in sala prove che sul palco, e questo a volte per me è un problema. Mi sono dovuto impegnare e dirmi “non ti chiudere nel suonare in sé per sé, ma vivi bene la relazione e cerca anche di divertirti”.
Piano piano ci sto riuscendo. L’ultima volta che “mi sono chiuso” è stato durante il concerto con gli Area765 (ex Ratti della Sabina) con cui suono e all’occorrenza sostituisco il batterista) quando siamo andati ad Oriolo in Calabria quest’estate: ricordo che per concentrarmi e stare attento a suonare bene ho abbassato la testa e mi sono risvegliato a fine concerto.
Spesso mi hanno detto che devo impegnarmi ad essere un po’ più umano quando suono, ad avere un po’ più di empatia.
Per te è un vantaggio o uno svantaggio suonare con questo disturbo ?
MAURO:
Su molti versi è un vantaggio di studio. La capacità di chiuderti anche se non vuoi, ti aiuta a mantenere un obbiettivo fisso e il resto non conta perché il mio punto focale è il click.
Ricordo che qualche tempo fa ho registrato con un gruppo e sul monitor nel software compariva la griglia divisa in quarti , ottavi e sedicesimi. Notai tutte le onde del mio colpo essere precise sui sedicesimi. Mi sono impaurito, ero stato preciso colpo per colpo e non me lo sarei mai aspettato, “là me so messo paura davero!” (ride) .
Pensi che questo disturbo possa incidere sulla tua capacità tecnica, strumentale e professionale?
MAURO: Forse può incidere sul lato professionale nel senso del rapporto umano come ti dicevo, quello oltre a darti un immagine ti dà una possibilità.
Uno dei progetti in cui suono si chiama Il Battello Ebbro, dove sono entrato a far parte del gruppo dopo una jam. Ricordo che dopo aver suonato con i musicisti che ho trovato lì mi sono imposto di rimanere per tutta la serata a scambiare due chiacchiere. Alla fine mi hanno chiamato come batterista nel loro gruppo.
È così, se c’hai l’Asperger ti devi impegnare un po’ di più.
INTERVISTATORE: La storia di Mauro mi ha fatto venire in mente un brano che si intitola proprio Asperger, una traccia della band romana I Cani contenuta nell’album del 2012 “I cani non sono i pinguini non sono i cani” in cui Niccolò Contessa, frontman del progetto, dopo aver buttato un pò di ilarità sul disturbo afferma “E invece purtroppo non si scherza su queste cose”
Asperger e musica: come un batterista vive essendone affetto
Quale è stato l’effetto della diagnosi per il prosieguo dei tuoi studi di batteria?
MAURO: Ricordo che quando sono uscito dallo studio mi sono subito detto “ah, adesso molte cose si spiegano e va bene, ma ora come faccio?”
Perché il problema non è tanto lo studio dello strumento; sul lato tecnico ti chiudi e migliori.
Il problema è nato nei live dove l’empatia sul palco per me è necessaria perché non voglio risultare chiuso mentalmente o sembrare una macchina, voglio essere parte integrante del gruppo e della serata, concentrandomi nel contatto umano.
Hai seguito un percorso riabilitativo? O di psicoterapia che ti aiutasse a gestire la cosa?
MAURO: No, dopo la diagnosi mi sono detto che dopo 18 anni passati a non avere consapevolezza della cosa, adesso era necessario soltanto impegnarsi un po’ di più in quello che faccio.
Certamente ora quando mi accorgo del mio comportamento mi dico scherzando “dai Mauro non rimanere appartato e relazionati anche tu come fanno tutti gli altri” (ride). È per questo che non credo mi serva un percorso, per adesso sento di farcela da solo.
Che consiglio daresti ad un musicista che vive della tua stessa difficoltà?
MAURO: Cercare di pensare che c’è un mondo fuori, aprirsi anche gradualmente. Se c’è qualcuno, per esempio, che ti viene a fare un complimento a fine serata accoglilo e ringrazialo. Non serve pensare e rimanere chiusi concentrandosi su quello che hai sbagliato, cerca di sfruttare le occasioni per aprirti un po’,
non fare in modo che l’Asperger ti metta le briglie!
Quale sarebbe un brano identificativo che rappresenta questa tua condizione?
MAURO: Mi viene in mente un pezzo di Steven Wilson che si intitola No Twilight Within the Courts of the Sun , è un pezzo in 21/8. Una cosa che mi identifica è il mood di tutto il brano: parte da una cosa piccola, da una chiusura immane e poi si alterna fra un clima vorace e poi un po’ più mite.
Per me l’Asperger è stato questo: la mia chiusura è stata minuscola, poi sfociava in una apertura, ma cominciando a prendere il controllo di questa difficoltà sono riuscito e riesco giorno per giorno a tirarne fuori qualcosa di buono.