Covid 19. Lettera aperta al governo da uno psicologo in quarantena. E’ questa una considerazione bruciapelo che il prof. Luigi D’Elia psicologo, psicoterapeuta e Docente di Psicologia Sociale al San Raffaele di Roma fa alla luce di quello che sta accadendo in questo momento alla psicologia. Buona lettura.
Gentile Presidente Giuseppe Conte, e Ministro Roberto Speranza
la mia lettera inizia così: “Covid 19. Lettera aperta al governo da uno psicologo in quarantena” e le psiego il perché. Oggi ci troviamo tutti nella medesima condizione di impattare una crisi sanitaria e sociale senza precedenti e di carattere globale. Tutti noi, indipendentemente dal ruolo e dalle funzioni che svolgiamo nella società, siamo chiamati a rispondere ad una responsabilità collettiva rispettando con rigore tutte le disposizioni sanitarie. Mai come in questo momento, a causa di questa pandemia, è tangibile lo stretto legame che ognuno di noi intrattiene con il prossimo. Mai come in questo momento si rende visibile la natura collettiva e sociale della mente.
Come professionista della salute mentale, seppure operante nel settore privato, sento di ricevere in questo momento storico un compito ulteriore, molto più ampio di quanto mi è già richiesto dallo stretto numero di pazienti che seguo e che continuo a seguire online laddove possibile.
Sento cioè il disagio, condiviso da gran parte della mia comunità professionale, di essere, assieme a tutti i miei colleghi psicologi, drammaticamente sottoutilizzato a fronte dell’emergenza collettiva in corso. Mi spiego.
Facciamo due conti: gli psicologi iscritti agli ordini in Italia sono circa 113.000, un numero spropositato rispetto alla possibilità realistica di impiego pubblico, ed infatti la percentuale operante nel servizio pubblico è bassissima (3% se non sbaglio).
E’ sempre mancata in Italia la cultura dell’intervento preventivo sulla salute mentale e sulla qualità dei nostri stili di vita. Nei servizi pubblici la possibilità di accedere ad una psicoterapia (servizio previsto dai LEA) è di fatto un diritto inesigibile: manca quasi sempre il personale, manca quasi sempre la cultura della prevenzione (tranne in piccole oasi fortunate).
Dove vanno a finire tutti gli psicologi?
La maggioranza dei 113.000 colleghi aspira a diventare libero professionista e tutta la sua formazione è quasi sempre fortemente orientata in senso privatistico.
Nonostante ciò sono moltissimi i colleghi impegnati in lavori sociali di elevatissima rilevanza e utilità, ma di bassissima considerazione economica.
Siamo, tra l’altro, credo, l’unico paese del primo mondo a cui manca un inquadramento istituzionale dello psicologo scolastico.
Covid 19. Lettera aperta al governo da uno psicologo in quarantena
Non voglio entrare nelle tristi considerazioni circa i tagli alla sanità dei nostri precedenti governi, anche se dovremmo farlo prima o poi.Ma non voglio nemmeno che questa mia lettera appaia in alcun modo come una rivendicazione corporativistica o sindacale in un momento come questo, tutto al contrario.
Sto dicendo un’altra cosa: sto dicendo che lasciare oggi 113.000 psicologi, a casa, in quarantena, a prendersi cura al massimo dei propri clienti, è come lasciare durante una guerra i carri armati in garage
Non ho alcun dubbio nell’affermare che in questo momento storico l’Italia ha bisogno urgente di psicologi subito dopo l’urgenza di infermieri, medici e personale in prima linea. Provo a spiegarglielo basandomi su una review del Lancet del 26 Febbraio (che trovi QUI) che compendia tutti i recenti studi sull’impatto sulla salute mentale (ma anche sulla compliance alle misure pubbliche) delle quarantene.
In sintesi ciò che emerge da questa meta-analisi (da cui traggono spunto anche quelli dell’American Psychiatric Association) è questo:
1. sono PARTICOLARMENTE sovraesposti alla condizione di ammalamento psicologico/psichiatrico in questo momento persone psicologicamente già vulnerabili assieme al personale sanitario che invece è in prima linea
2. Sono esposti a stress forti, depressione, ansia acuta, problematiche di convivenza, TUTTI I CITTADINI.
3. Il ruolo della comunicazione istituzionale (del rischio e della partecipazione alle regole) è un ruolo chiave e decisivo
4. Fondamentale saper utilizzare e saper indicare le fonti di informazione adeguate
5. Decisivo saper rassicurare e sostenere i cittadini in questi momenti difficili sia per i beni di consumo che per il futuro economico.
6. Importantissimo saper dare scadenze riguardo la fine della quarantena
7. Fondamentale è saper attivare i comportamenti prosociali e altruistici.
8. Decisivo è saper prevedere gli effetti della restrizione della libertà prolungata su larga scala.
Su queste come su moltissime altre funzioni, le competenze- base dello psicologo sono decisive per il bene pubblico
Ma non solo:
A. Occorre sostenere il personale medico e il rischio elevato di burn out.
B. Occorre aiutare professionalmente tutte le persone che vanno ripetutamente in crisi a causa dell’isolamento forzato o per la paura di ammalarsi e morire.
C. Occorre fornire accesso gratuito a tutta la popolazione a servizi telefonici o a incontri online in videochiamata.
E così via…
Non so se e come si stia pensando alla salute psicologica pubblica in questo momento, ma una cosa è certa: 113.000 psicologi a casa, semi-inattivi, e la cittadinanza che sta male è qualcosa che dal mio modesto punto di vista risulta inaccettabile.
Cordialmente
Scrivimi subito su whatsapp al numero 3477148181, oppure se vuoi iniziare con me il tuo percorso di cambiamento con le canzoni Clicca qui